Lo Zen e il Risotto alla Milanese

Ovvero come ho imparato a svuotare la mente e rendere il Risotto allo Milanese un piatto da meditazione

di Matteo Sacchi

Matteo Branding, Saglietti 1941

Una mia testimonianza sulla qualità dello Zafferano sarebbe inevitabilmente di parte, quindi cambio rotta verso il racconto. In mia difesa, posso dire di aver accettato di collaborare con Silvio solo dopo aver effettivamente assaggiato il suo Zafferano.

La Sciura sul Naviglio

“Oh Signur!”, uscì dalla bocca della sciura della trattoria sul Naviglio Pavese, con un tono di voce sgomento e preoccupato. Ero a Milano da un paio d’anni e non avevo idea di aver chiesto un’eresia, ovvero un risotto allo Zafferano. Sappiatelo: a Milano non esiste nulla di simile al risotto allo Zafferano, ma solo e sempre il Risotto alla Milanese.

Stiamo parlando dell’anno 2000, quando non c’erano tablet, smartphone, smartwatch e tutta la corte dei miracoli della moderna tecnologia prêt-à-porter per verificare la differenza tra il “mio” e il “suo” piatto, quindi la mia unica opzione fu chiedere delucidazioni direttamente alla poverina. “El Miòl!”, mi rispose tutta preoccupata e guardandomi come una nonna che saluta il nipote partire militare. Il Midollo, per intenderci.

La conseguenza tangibile di quella serata in trattoria fu marchiare a fuoco nella mia mente il Risotto alla Milanese. Mi capitò in seguito di ordinare un Risotto alla Milanese e sentirmi rispondere che non sapevano cosa fosse, che al limite potevano farmi un risotto allo Zafferano. “Oh Signur!”, dissi io. Il karma della sciura.

Dopo il mio primo incontro con il piatto meneghino per eccellenza, divenne per me una questione di principio imparare a cucinarlo al meglio, un po’ perché sono di origini novaresi (quindi il riso rappresenta per me l’ònere e l’onòre della tradizione), un po’ perché già in quei tempi non sospetti ero appassionato di cucina e l’atto del cucinare in sé, indipendentemente dal risultato, mi rilassava: cucinare è sempre stato una sorta di porto sicuro, un riparo dall’ansia.

Il Risotto alla Milanese è uno di quei piatti che chiunque può cucinare discretamente, ma la perfezione, beh, quella è rara, si raggiunge con pazienza e testardaggine, con la cura estrema del dettaglio, della preparazione, della cottura e imparando a svuotare la mente.

Oggi, dopo aver cucinato mezza tonnellata di Risotto alla Milanese, ho imparato che i tre principali elementi per aspirare al risultato virtuoso sono il brodo, il midollo e lo Zafferano. La cottura a onda, la mantecatura con burro e formaggio, la consistenza della crema sono importanti dettagli tecnici, mentre il filtraggio del brodo, la perfetta tostatura del riso nel midollo di vitello e la preparazione dello Zafferano sono passaggi che si devono padroneggiare, ma più ci si concentra sulla realizzazione tecnica, più errori si commettono.

Io, il Risotto alla Milanese e i piatti Zen

Non è stato particolarmente difficile carpire varie tecniche e segreti da Chef, cuochi, nonne e mamme, la maggior parte delle volte è bastato un pizzico di adulazione. Il mio approccio preferito è “ma come fai a fare un Risotto alla Milanese così buono?”; spesso è sufficiente per ottenere un sorrisetto di intesa, seguito da “guarda, lo dico solo a te”.

È così che, ad esempio, ho scoperto che il midollo va sciolto con il burro rigorosamente a fuoco lentissimo, per poi aggiungere la cipolla tritata finemente e aspettare che il tutto diventi trasparente prima di aggiungere il riso, o che se ci si vuole sentire un po’ più sciur degli altri va bene sfumare con mezzo bicchiere di vino bianco.

I dettagli e i passaggi contribuiscono alla qualità del piatto finale, ma sono solo la base di un momento speciale; oggi, dopo più di 20 anni, il Risotto alla Milanese lo cucino principalmente per migliorare la mia tecnica di meditazione Zen, concentrandomi sul presente e svuotando la mente da ogni altro pensiero, perché quando c’è il Risotto alla Milanese da cucinare tutto il resto smette di esistere, dal momento in cui filtro l’infusione di Stimmi di Zafferano, fino a quando la spezia ricavata viene aggiunta al risotto, categoricamente cinque minuti prima di mantecare con burro e parmigiano.

Conosco alcuni che hanno scelto la pasta alla carbonara come piatto Zen, altri che meditano grazie a una torta di mele, al riso alla cantonese, alla cottura del filetto, una volta ho incontrato un barman che da anni si dedicava alla perfetta realizzazione tecnica del daiquiri.

La verità è che chiunque cucini, dalla casalinga indaffarata allo Chef stellato, ha un piatto Zen; per essere definito tale, il piatto deve essere come il Risotto alla Milanese, ovvero facile da realizzare, ma molto difficile da padroneggiare, che ti permetta di svuotare la mente mentre segui i passaggi di realizzazione, che ti aiuti a concentrarti sull’attimo e abbandonare il resto del mondo per i minuti necessari alla preparazione. Un esercizio di meditazione da manuale, insomma.

Ogni volta che preparo la mia piccola linea casalinga di ingredienti, immaginando di far parte di una brigata di cucina, penso che se anche fossi uno Chef intrappolato nel turbinare caotico del servizio all’ora di punta, il Risotto alla Milanese sarebbe comunque la mia àncora di salvezza, un metodo per schiarire la mente e concentrarmi senza oppormi al flusso della cottura, facendo attenzione a ogni dettaglio ma imparando a lasciare andare le imperfezioni.

Chissà se la sciura del Naviglio sarebbe fiera di me e del mio risotto. Forse anche per lei il Risotto alla Milanese era un momento di calma, al limite del mistico. Forse è questo il motivo per cui ci teneva così tanto al sentirlo chiamare con il giusto nome; anche a lei ci erano voluti quintali di riso e vent’anni di meditazione culinaria per ambire all’illuminazione del piatto Zen?

Chissà.

Saglietti 1941

Ci vogliono circa 40 minuti per preparare lo Zafferano e utilizzarlo nei propri piatti, ma ci sono voluti 600 anni di storia per affinare l’arte della produzione e, ancora oggi, circa 500 ore di lavoro manuale per produrre un chilo di Stimmi di Zafferano Prima Categoria.

Zafferano Prima Categoria